Pontremoli e il
Registrum Magnum del Comune di Piacenza
Sandro Santini
Come è noto la prima citazione di Pontremoli è del 990, di
Sigerico, nel viaggio di ritorno da Roma per Canterbury. Prendeva il nome un
ponte, detto forse pons tremulus, come
tale citato anche nel 1110 da Enrico V nel viaggio verso Roma e che collegava
le due rive della Magra, unendo i due piccoli borghi di Bambarone sulla destra
del Verde e Borgovecchio, sulla sinistra della Magra. Questi furono poi
distrutti dal Comune assieme ai castelli di coloro che prendevano casa nel
paese, i “burgenses”, mentre nasceva
l’oppidum medievale alle pendici del
castello del Piagnaro. Secondo il Giuliani, il borgo “occupava poi la parte inferiore del versante sulla Magra e, a
mezzogiorno, un tratto del versante sul Verde, sino alla parte più bassa che
era detta la Bièdla, che
probabilmente era uno dei piccoli abitati rurali, con mulino, dell’età
precedente.” (1)
Pontremoli |
Nel 1077, nel diploma di Enrico IV agli obertenghi Ugo e Folco, da cui poi gli Estensi, fra i beni loro assegnati è compreso anche Pontremoli. Tale investitura non ebbe effetto pratico anche se gli eredi poi, sia Estensi che Malaspina, sempre cercarono di insediarvisi.
A Pontremoli si insediano invece, stando a Pietro Ferrari, gli Adalberti, famiglia di origine longobarda, discesa da un gruppo avvocaziale-carrarino-versiliese, poi titolare del gastaldato di Filattiera.
Di fatto gli Adalberti ormai ne sono i padroni, anche
se non è esclusa la protezione del vescovo di Luni che nell’assenza obertenga,
in particolare del ramo dei Pallavicino, si era insinuato nella Lunigiana
superiore. Da loro nascerebbe
Oberto I, primogenitore degli Obertenghi, citato la prima volta nel 945 come
conte di Luni.
E’ Ubaldo Formentini che riporta nell’Enciclopedia Nazionale, le opinioni del Ferrari: “(Pontremoli) nel secolo XI appare in condominio degli Estensi; nei seguenti s’istituì in comune signorile, riconosciuto da Federico I nel 1167”(2).
Stemma degli Estensi |
Federico I imperatore, aveva già rilasciato nel 1164 un diploma ai suoi fedelissimi, tra cui i Malaspina, con la conferma di diverse possessioni. Era una mossa normale che serviva ad ingraziarsi i vari nobili che avrebbero potuto ostacolarne il cammino o comunque l’opera. In particolare riconosce ad Obizzo Malaspina, Zeri e Montelungo che saranno poi feudo del comune pontremolese.
Diploma del Barbarossa |
Ne scrive anche il Campi “Inviando l’imperatore Federico detto Barbarossa parte del suo esercito
a Lucca in aiuto di Vidone Cremino Antipapa, detto Pasquale III, fra gli altri
gravi eccessi commessi da’ suoi soldati in queste parti, l’uno fu il dare fuoco
a parte di Pontremoli per il che, sdegnati non poco i pontremolesi, dopo aver
estinto l’incendio, pigliando le armi, uccisero molti tedeschi, altri ne
ferirono, ed altri sforzarono a proseguire velocemente il loro cammino” (Da C.Sigonio, De regno Italiae, Vol. XIV”).
L’episodio pare ricordare l’incendio del 1495 dovuto agli Svizzeri di Carlo
D’Angiò, ma non abbiamo altre considerazioni. (5)
Virgoletta castello. L'Aquila grifagna degli Svevi |
Col tempo e con
l’entrata di famiglie nobiliari del contado, i burgenses, che prendono casa nel paese pur rimanendo vassalli dei
loro seniores nelle loro terre, le
cose si modificano. Alcuni studiosi dei secoli scorsi poi, richiameranno i
progenitori di queste figure come abitanti della mitica Apua nata nel 412, da cui sorgerebbe poi Pontremoli, inventata o
trasmessa da frate Annio da Viterbo e ripresa da generazioni di studiosi.
Piacenza, palazzo comunale |
Nel 1175 a Reggio i Bresciani e i Milanesi ordinano ai
Parmigiani, ai Piacentini e ai Pontremolesi di fare pace entro un mese ed è
riportato dallo Sforza che lo trae dal Registrum
Parvum di Piacenza. Potrebbe essere una trascrizione errata in quanto
richiama un identico atto del 1192 dello stesso giorno, che vedremo più avanti,
ma citato nel Registrum Magnum che
riporta a pagina 497 solo edizioni dell’Affò, Stor.Parma, del Poggiali, Mem.Piac.,
Manaresi, Atti Milano e Corna Ercole
Tallone, Reg.Mag. p. 319. (6)
Registrum Magnum del Comune di Piacenza |
Sembra però che i rapporti fra i due alleati non siano al meglio. perché il 15 marzo 1182 a Bardi (7) abbiamo una “Concordiam Placentie et Pontremolenes que rupta est per Pontremolenses” tra Piacenza e Pontremoli, stabilita tra Malnepote e Oberto Scorpione consoli di Piacenza da un lato, dall’altro Alberto nipote di Rustico e Aifredo, consoli di Pontremoli, e da loro stessi giurata “prope castellum de Bardi”.
Bardi era feudo piacentino e già nell’898, il vescovo di
Piacenza Everardo aveva comprato la metà superiore della roccia di Diaspro
rosso su cui insisteva un nuovo castello. Dell’episodio ne scrive anche il
Campi “Nel 1181, nuove guerre e discordie
per i confini incorsero fra i piacentini e i pontremolesi, quali vennero poi
tra loro a convenzione appresso al castello di Bardi, promettendo ambo le parti
di osservarsi fra di loro fedeltà” (Umberto Locatelli, Historia Placentiae,vol.III)(8)
I Conti di Castro Seprio, citati in ambito locale come Comites de Bardi erano vassalli del vescovo ed erano infeudati di terre vescovili nel territorio di Varsi (9). Documenti rogati fra gli anni 1169 e 1231, mostrano che la rocca di Bardi è controllata da questa famiglia.
Nella divisione di beni effettuata fra i figli del marchese Guglielmo Pallavicino in data 26 febbraio 1227 si evince che la parte toccata ad Uberto ha come condomini i Pallavicino ed i Comites de Bardi. Altresì Solestella, appartenente alla famiglia dei Conti di Bardi e come tale detentrice di diritti sulla rocca di Bardi, fu moglie di Guglielmo Pallavicino e madre di Uberto il Grande, delegato imperiale in Lunigiana e Garfagnana, di cui tratta fra Salimbene de Adam con termini non propriamente elogiativi, raccontando che avesse una nipote, Mabilia “assai bella” e che “…messere Uberto Pelavicino la maritò a Pontremoli, sperando di aversi per via di lei quella borgata in sua signoria” (10).
Bardi |
Nella identica situazione di Piacenza era Cremona, le cui
merci dovevano subire pesanti pedaggi; il transito in Lunigiana, da e per
Pontremoli, poteva non sempre essere agevole e quindi forse nell’ambito di
rapporti commerciali interessanti, il 14/7/1183 abbiamo a Piacenza un accordo fra i Comuni di Piacenza e
Cremona. I Piacentini danno assicurazione ai Cremonesi che si recano a
Pontremoli di non avere molestie o danni, e di indennizzarli se patiranno
danni. Importante dimostrazione del ruolo egemone del comune
piacentino in quanto all’atto è presente Obizzo Malaspina, ma nessun
rappresentante di Pontremoli, come sarà poi spesso; infatti negli atti che
citiamo solo 4 volte sono citati testimoni di Pontremoli a dimostrazione, ci
pare della loro totale dipendenza politica e anche economica da Piacenza. (11)
Compiano |
riottenendolo
come feudo oblato, porterà alla resa degli eredi obertenghi, che cedono i loro
beni in Valtaro con particolare riguardo ad Ena, che controlla l’estremità valtarese
del Borgallo e Brattello e così nel 1189 con una Littere pacis, (13) termina definitivamente la signoria
malaspiniana in Valtaro e i cardinali Pietro di Santa Cecilia e Sofredo di
S.Maria di Via Lata,legati apostolici dettano le condizioni di pace tra
Piacentini, Parmigiani e i marchesi Moruello,Obizzone e Alberto Malaspina con
cui questi rinunciano per 4.000 lire ai loro possessi nel Valtarese, a non
iniziare nessuna lite, a difendere i possessi dei Piacentini contro chiunque e
a non dare aiuto a chi muove guerra a Piacenza. “Io Moroello per me, Opizzone, e Alberto,miei
fratelli , faccio pace per persone e cose di Piacenza e “specialiter
autem Pontremulensibus et Tedaldo comiti de Lavania, Reglio et illis de Pontulo
et illis de Monte Arcili, de omnibus offensis,iniuriis et maleficiis in
presenti guerra…et promitto vobis Placentinis securitatem in personis et rebus
per totam terram et fortiam nostram et promittemus de adiuvare vos contra omnes
nomine,salvo iuramento quo tenemur Papiensibus, Cremonensibus seu Parmansibus”.
Altresì l’atto riconosce i diritti di Tedaldo, dei comites de Lavania e dei signori di Pontolo che già si erano dati a
Piacenza. Importante il riconoscimento a Tedaldo che già da tempo cercava di insinuarsi
nelle zone alte dell’Appennino, collegandosi con i possessi liguri di quella
che fu poi la famiglia dei Fieschi.
Pontolo |
Federico I nella
ritirata da Roma del 1167, trova la strada sbarrata a Pontremoli, forse dal
solo Comune o forse dalle truppe della Lega lombarda, costituita nel 1167 e
come spesso viene indicato sale a Villafranca verso la via Regia e scende lungo
la via per Pavia, accompagnato da Obizzo Malaspina, lungo quella che D.Ponzini
chiama la “via marchesana”. Ne parla
anche il Campi “ Ritornando
poi Federico con l’esercito da Roma, passando per Viterbo e per Lucca, si portò
a Pontremoli; ma, non avendo ancora i Pontremolesi deposto lo sdegno per il
danno ricevuto dagli Alemanni, prendendo di nuovo le armi, gli proibirono il
passo….”(Da C.Sigonio, De
regno Italiae,vol XIV) (14)
Via Regia /da Mannoni) |
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