sabato 4 settembre 2021

 

Pontremoli e il Registrum Magnum del Comune di Piacenza

                                                                                                  Sandro Santini

Come è noto la prima citazione di Pontremoli è del 990, di Sigerico, nel viaggio di ritorno da Roma per Canterbury. Prendeva il nome un ponte, detto forse pons tremulus, come tale citato anche nel 1110 da Enrico V nel viaggio verso Roma e che collegava le due rive della Magra, unendo i due piccoli borghi di Bambarone sulla destra del Verde e Borgovecchio, sulla sinistra della Magra. Questi furono poi distrutti dal Comune assieme ai castelli di coloro che prendevano casa nel paese, i “burgenses”, mentre nasceva l’oppidum medievale alle pendici del castello del Piagnaro. Secondo il Giuliani, il borgo “occupava poi la parte inferiore del versante sulla Magra e, a mezzogiorno, un tratto del versante sul Verde, sino alla parte più bassa che era detta la Bièdla, che probabilmente era uno dei piccoli abitati rurali, con mulino, dell’età precedente.” (1)

Pontremoli


Nel 1077, nel diploma di Enrico IV agli obertenghi Ugo e Folco, da cui poi gli Estensi, fra i beni loro assegnati è compreso anche Pontremoli. Tale investitura non ebbe effetto pratico anche se gli eredi poi, sia Estensi che Malaspina, sempre cercarono di insediarvisi. 

A Pontremoli si insediano invece, stando a Pietro Ferrari, gli Adalberti, famiglia di origine longobarda, discesa da un gruppo avvocaziale-carrarino-versiliese, poi titolare del gastaldato di Filattiera. 

Di fatto gli Adalberti ormai ne sono i padroni, anche se non è esclusa la protezione del vescovo di Luni che nell’assenza obertenga, in particolare del ramo dei Pallavicino, si era insinuato nella Lunigiana superiore. Da loro nascerebbe Oberto I, primogenitore degli Obertenghi, citato la prima volta nel 945 come conte di Luni.

 E’ Ubaldo Formentini che riporta nell’Enciclopedia Nazionale, le opinioni del Ferrari: “(Pontremoli) nel secolo XI appare in condominio degli Estensi; nei seguenti s’istituì in comune signorile, riconosciuto da Federico I nel 1167”(2).  

Stemma degli Estensi

                                       

Federico I imperatore, aveva già rilasciato nel 1164 un diploma ai suoi fedelissimi, tra cui i Malaspina, con la conferma di diverse possessioni. Era una mossa normale che serviva ad ingraziarsi i vari nobili che avrebbero potuto ostacolarne il cammino o comunque l’opera. In particolare riconosce ad Obizzo Malaspina, Zeri e Montelungo che saranno poi feudo del comune pontremolese. 

Diploma del Barbarossa


Ne scrive anche il Campi “Inviando l’imperatore Federico detto Barbarossa parte del suo esercito a Lucca in aiuto di Vidone Cremino Antipapa, detto Pasquale III, fra gli altri gravi eccessi commessi da’ suoi soldati in queste parti, l’uno fu il dare fuoco a parte di Pontremoli per il che, sdegnati non poco i pontremolesi, dopo aver estinto l’incendio, pigliando le armi, uccisero molti tedeschi, altri ne ferirono, ed altri sforzarono a proseguire velocemente il loro cammino(Da C.Sigonio, De regno Italiae, Vol. XIV”). L’episodio pare ricordare l’incendio del 1495 dovuto agli Svizzeri di Carlo D’Angiò, ma non abbiamo altre considerazioni. (5)

Pontremoli, come ricordato, dalla seconda metà dell’XI secolo si è ormai trasformato in “Comune signorile”, naturale evoluzione dell’espandersi dei membri della famiglia degli Adalberti, di cui è sempre un membro della famiglia che assume il comando del consorzio. 

E’ certamente un “Comune signorile”, in quanto dichiara il Barbarossa di concedere agli ”hominibus de Pontremolo omnia nostra regalia…alpes et privilegia”, dove homines starebbe per vassalli. Dopo di lui, il nipote Federico II nel 1226 scrive “…confirmamus ei set heredibus ac successori bus eorum in perpetuo omnes terras…quidquid feudi et benefici”, quindi una conferma della precedente investitura.


Virgoletta castello. L'Aquila grifagna degli Svevi

Col tempo e con l’entrata di famiglie nobiliari del contado, i burgenses, che prendono casa nel paese pur rimanendo vassalli dei loro seniores nelle loro terre, le cose si modificano. Alcuni studiosi dei secoli scorsi poi, richiameranno i progenitori di queste figure come abitanti della mitica Apua nata nel 412, da cui sorgerebbe poi Pontremoli, inventata o trasmessa da frate Annio da Viterbo e ripresa da generazioni di studiosi.

L’espandersi del comune di Piacenza alla ricerca del controllo delle vie necessarie al trasporto dei suoi prodotti senza pagare gli onerosi dazi e la sua lotta con i Malaspina, impongono al piccolo comune lunigianese di allearsi con questo per controllare la potenza della famiglia obertenga.

Piacenza, palazzo comunale


Nel 1175 a Reggio i Bresciani e i Milanesi ordinano ai Parmigiani, ai Piacentini e ai Pontremolesi di fare pace entro un mese ed è riportato dallo Sforza che lo trae dal Registrum Parvum di Piacenza. Potrebbe essere una trascrizione errata in quanto richiama un identico atto del 1192 dello stesso giorno, che vedremo più avanti, ma citato nel Registrum Magnum che riporta a pagina 497 solo edizioni dell’Affò, Stor.Parma, del Poggiali, Mem.Piac., Manaresi, Atti Milano e Corna Ercole Tallone, Reg.Mag. p. 319. (6)  

Registrum Magnum del Comune di Piacenza

    Sembra però che i rapporti fra i due alleati non siano al meglio. perché il 15 marzo 1182 a Bardi (7) abbiamo una “Concordiam Placentie et Pontremolenes que rupta est per Pontremolenses” tra Piacenza e Pontremoli, stabilita tra Malnepote e Oberto Scorpione consoli di Piacenza da un lato, dall’altro Alberto nipote di Rustico e Aifredo, consoli di Pontremoli, e da loro stessi giurata “prope castellum de Bardi”. 
Castello di Bardi



I Piacentini devono custodire e salvare i Pontremolesi e i loro uomini in persone e cose in tutto il loro distretto e aiutare e mantenere le loro possessioni e ragioni da ogni uomo che vorrà loro far male, salvo la fedeltà all’imperatore e salvo “sacramentis communis” e Società della Lombardia. Ignoriamo i motivi della rottura e della località scelta dalle parti, ovvero Bardi nella parmense Valceno.

Bardi era feudo piacentino e già nell’898, il vescovo di Piacenza Everardo aveva comprato la metà superiore della roccia di Diaspro rosso su cui insisteva un nuovo castello. Dell’episodio ne scrive anche il Campi “Nel 1181, nuove guerre e discordie per i confini incorsero fra i piacentini e i pontremolesi, quali vennero poi tra loro a convenzione appresso al castello di Bardi, promettendo ambo le parti di osservarsi fra di loro fedeltà” (Umberto Locatelli, Historia Placentiae,vol.III)(8) 

 I Conti di Castro Seprio, citati in ambito locale come Comites de Bardi erano vassalli del vescovo ed erano infeudati di terre vescovili nel territorio di Varsi (9). Documenti rogati fra gli anni 1169 e 1231, mostrano che la rocca di Bardi è controllata da questa famiglia. 

Nella divisione di beni effettuata fra i figli del marchese Guglielmo Pallavicino in data 26 febbraio 1227 si evince che la parte toccata ad Uberto ha come condomini i Pallavicino ed i Comites de Bardi. Altresì Solestella, appartenente alla famiglia dei Conti di Bardi e come tale detentrice di diritti sulla rocca di Bardi, fu moglie di Guglielmo Pallavicino e madre di Uberto il Grande, delegato imperiale in Lunigiana e Garfagnana, di cui tratta fra Salimbene de Adam con termini non propriamente elogiativi, raccontando che avesse una nipote, Mabiliaassai bella” e che “…messere Uberto Pelavicino la maritò a Pontremoli, sperando di aversi per via di lei quella borgata in sua signoria” (10).

Bardi


Nella identica situazione di Piacenza era Cremona, le cui merci dovevano subire pesanti pedaggi; il transito in Lunigiana, da e per Pontremoli, poteva non sempre essere agevole e quindi forse nell’ambito di rapporti commerciali interessanti, il 14/7/1183 abbiamo a Piacenza un accordo fra i Comuni di Piacenza e Cremona. I Piacentini danno assicurazione ai Cremonesi che si recano a Pontremoli di non avere molestie o danni, e di indennizzarli se patiranno danni. Importante dimostrazione del ruolo egemone del comune piacentino in quanto all’atto è presente Obizzo Malaspina, ma nessun rappresentante di Pontremoli, come sarà poi spesso; infatti negli atti che citiamo solo 4 volte sono citati testimoni di Pontremoli a dimostrazione, ci pare della loro totale dipendenza politica e anche economica da Piacenza. (11)

 Il lungo assedio politico e militare dei Piacentini appoggiati dai Pontremolesi, verso i Malaspina (12) che già nel 1141 avevano ceduto Compiano e la sua curia

Compiano


riottenendolo come feudo oblato, porterà alla resa degli eredi obertenghi, che cedono i loro beni in Valtaro con particolare riguardo ad Ena, che controlla l’estremità valtarese del Borgallo e Brattello e così nel 1189 con una Littere pacis, (13) termina definitivamente la signoria malaspiniana in Valtaro e i cardinali Pietro di Santa Cecilia e Sofredo di S.Maria di Via Lata,legati apostolici dettano le condizioni di pace tra Piacentini, Parmigiani e i marchesi Moruello,Obizzone e Alberto Malaspina con cui questi rinunciano per 4.000 lire ai loro possessi nel Valtarese, a non iniziare nessuna lite, a difendere i possessi dei Piacentini contro chiunque e a non dare aiuto a chi muove guerra a Piacenza.  “Io Moroello per me, Opizzone, e Alberto,miei fratelli , faccio pace per persone e cose di Piacenza  e “specialiter autem Pontremulensibus et Tedaldo comiti de Lavania, Reglio et illis de Pontulo et illis de Monte Arcili, de omnibus offensis,iniuriis et maleficiis in presenti guerra…et promitto vobis Placentinis securitatem in personis et rebus per totam terram et fortiam nostram et promittemus de adiuvare vos contra omnes nomine,salvo iuramento quo tenemur Papiensibus, Cremonensibus seu Parmansibus”. Altresì l’atto riconosce i diritti di Tedaldo, dei comites de Lavania e dei signori di Pontolo che già si erano dati a Piacenza. Importante il riconoscimento a Tedaldo che già da tempo cercava di insinuarsi nelle zone alte dell’Appennino, collegandosi con i possessi liguri di quella che fu poi la famiglia dei Fieschi.


Pontolo


Federico I nella ritirata da Roma del 1167, trova la strada sbarrata a Pontremoli, forse dal solo Comune o forse dalle truppe della Lega lombarda, costituita nel 1167 e come spesso viene indicato sale a Villafranca verso la via Regia e scende lungo la via per Pavia, accompagnato da Obizzo Malaspina, lungo quella che D.Ponzini chiama la “via marchesana”. Ne parla anche il Campi “ Ritornando poi Federico con l’esercito da Roma, passando per Viterbo e per Lucca, si portò a Pontremoli; ma, non avendo ancora i Pontremolesi deposto lo sdegno per il danno ricevuto dagli Alemanni, prendendo di nuovo le armi, gli proibirono il passo….”(Da C.Sigonio, De regno Italiae,vol XIV) (14)

Via Regia /da Mannoni)


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