Bizantini Longobardi e la Lunigiana- 14
La toponomastica come già visto per la valle del Verde, consente di
individuare o comunque studiare una serie di località come possibili presenze
bizantine. Già per Filattiera che il Maccarone derivò da felceteria,
ignorando gli studi del Giuliani che la riconduceva ad un etimo realistico come
fulacteria, torri di guardia.
Filattiera bizantina, da Mannoni |
I diversi Filetti, come feileta presso Soliera, come feleta,
oggi Filettino presso Isola di la Spezia. Poi Filatta vicino a Calice al
Cornoviglio e due Filetta vicino a Ceparana e a Borghetto Vara. Non da ultimo
il Filetto di Villafranca dove per la piazza superiore è ipotizzata la presenza
di un castrum bizantino.
Il Giuliani deriva il toponimo da philè/philètes
che sta per tribù o corpo dell’esercito, ovvero località che venivano
presidiate da bande armate o famiglie, al servizio dell’Impero.
Alcuni studiosi sostengono che la zona da Luni verso il Passo della
Cisa sia rimasta bizantina per un accordo fra i Bizantini e i duchi longobardi
che nel decennale dell’Interregno, quindi prima di Autari, avrebbero
invaso l’alta Valtaro.
Le fortificazioni bizantine sui contro crinali avrebbero permesso il passo di forze longobarde non importanti sul crinale e potrebbero avere bloccato penetrazioni da Lucca.
Luni che poteva fornire di risorse
alimentari le popolazioni e i militari dell’interno potrà farlo sino a quando
come detto, la flotta bizantina dovrà assolvere altri compiti e comunque il
tempo dei Bizantini ormai accerchiati, in Lunigiana, doveva finire.
La Madonna in Gaggio |
Mancano poi tutte quelle testimonianze materiali che ritroviamo nelle adiacenti valli del Taro e del Ceno, fatta eccezione per la lapide di Leodegar posta nella chiesa di San Giorgio a Filattiera e databile al 752 d.C. Nell’importante lavoro il Mazzini tratta di una lapide marmorea rinvenuta da Pietro Ferrari, murata nella chiesa di San Giorgio a Filattiera, ma ipotizzata nel pavimento della pieve di Sorano. Incisa sette volte, descrive l’attività di un personaggio identificabile come un vescovo di Luni, Leodegar, colui che hidola fregit; morto nel 752, sotto Astolfo, ma operante nel periodo bizantino.42
Poi i monasteri di Berceto lungo la via di Monte Bardone43, di
Tolla e Gravago nella montagna di Parma44 che avevano il duplice
compito di diffondere la fede e di presidiare il territori, lungo vie importanti.
Rovine di Tolla |
Figura 16 XI
Carta di Varsi
Abbazia di Brugnato |
Carta longobarda di Varsi |
L’estensione della diocesi cattolica di Luni in alta Valtaro,
centrale fra quelle ariane di Piacenza e Parma, pare l’esempio più
significativo del protrarsi del dominio bizantino in Val di Magra. Al momento
dell’unificazione, essendo ormai i Longobardi diventati cattolici, non sarebbero
sorti problemi.
Conclusioni
La scarsa presenza di toponimi situati poi in zone di confine della
Lunigiana quali il Passo del Brattello, o eccentriche quali Bardine; l’assenza
di reperti materiali anche modesti, oltreché dei monasteri di cui ben tre nelle
tre vie e valli che afferiscono alla Lunigiana, nonché l’estensione della
diocesi di Luni in Valtaro, pur nella considerazione che il parlare di
confini in termini attuali relativamente al medioevo sia cosa assai difficile, ci
potrebbe far concludere che nelle zone da noi studiate e considerate l’Impero
bizantino rimarrebbe presente ancora per un secolo dopo l’impresa di Rotari,
seppur circondato dalle forze longobarde.
Paolo Diacono scrive nella Storia dei Longobardi che partendo da Luni
occupano le città della costa, sino in Francia, ma non accenna alla Lunigiana.
Potrebbe anche essere che in un secondo tempo dopo il 643, tentino di
penetrarvi, ma siano fermati dalla strettoia e dalla fortificazione di Aulla; il che
non escluderebbe commercio ed altri rapporti. Questo ancor oggi ci fa pensare
ad accordi “politici” legati al periodo dell’Interregno, ancor prima di Autari,
più che a fatti di natura militare.
Claudio Azzara |
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