mercoledì 1 settembre 2021

 Bizantini Longobardi e la Lunigiana- 14

La toponomastica come già visto per la valle del Verde, consente di individuare o comunque studiare una serie di località come possibili presenze bizantine. Già per Filattiera che il Maccarone derivò da felceteria, ignorando gli studi del Giuliani che la riconduceva ad un etimo realistico come fulacteria, torri di guardia.


Filattiera bizantina, da Mannoni


I diversi Filetti, come feileta presso Soliera, come feleta, oggi Filettino presso Isola di la Spezia. Poi Filatta vicino a Calice al Cornoviglio e due Filetta vicino a Ceparana e a Borghetto Vara. Non da ultimo il Filetto di Villafranca dove per la piazza superiore è ipotizzata la presenza di un castrum bizantino. Il Giuliani deriva il toponimo da philè/philètes che sta per tribù o corpo dell’esercito, ovvero località che venivano presidiate da bande armate o famiglie, al servizio dell’Impero.


Filetto


Alcuni studiosi sostengono che la zona da Luni verso il Passo della Cisa sia rimasta bizantina per un accordo fra i Bizantini e i duchi longobardi che nel decennale dell’Interregno, quindi prima di Autari, avrebbero invaso l’alta Valtaro.

Le fortificazioni bizantine sui contro crinali avrebbero permesso il passo di forze longobarde non importanti sul crinale e potrebbero avere bloccato penetrazioni da Lucca.

Luni che poteva fornire di risorse alimentari le popolazioni e i militari dell’interno potrà farlo sino a quando come detto, la flotta bizantina dovrà assolvere altri compiti e comunque il tempo dei Bizantini ormai accerchiati, in Lunigiana, doveva finire.

     

Ininfluente a nostro avviso la presenza longobarda in Lunigiana che potrebbe essere testimoniata solamente da pochi toponimi forse come Gaggio di Podenzana dove sorge nel XVII il santuario, Pesciola, Bardine e Gualdo nella valle dell’Aulella e altre tre località lungo la via del Brattello, come Bratto, Braia e Grondola, però a monte di Pontremoli, ma nessuna nella Valle del Verde. Interessante e congrua invece, la toponomastica in Valtaro e Ceno, riportata da Giulia Petracco Sicardi41.


La Madonna in Gaggio


Mancano poi tutte quelle testimonianze materiali che ritroviamo nelle adiacenti valli del Taro e del Ceno, fatta eccezione per la lapide di Leodegar posta nella chiesa di San Giorgio a Filattiera e databile al 752 d.C. Nell’importante lavoro il Mazzini tratta di una lapide marmorea rinvenuta da Pietro Ferrari, murata nella chiesa di San Giorgio a Filattiera, ma ipotizzata nel pavimento della pieve di Sorano. Incisa sette volte, descrive l’attività di un personaggio identificabile come un vescovo di Luni, Leodegar, colui che hidola fregit; morto nel 752, sotto Astolfo, ma operante nel periodo bizantino.42 


Lapide di Leodegar

 

                  

Ancor più significativa pare essere l’assenza di quei monasteri regi che ritroviamo nel nord Italia e in particolare nelle valli di cui trattiamo. In primis l’abbazia di Bobbio43 nel Piacentino, fondata da San Colombano monaco irlandese che giunge a Bobbio nel 612; Agilulfo e Teodolinda gli donano un terra dove era una chiesa dedicata a San Pietro, ormai abbandonata. Lì nasce la prima abbazia, forse costruita secondo il modello dei monasteri irlandesi e che vivrà secondo la Regola di San Colombano. Evidentemente la zona bobbiese era già sotto il controllo longobardo e l’abbazia come poi altre in Emilia e Lombardia, avrebbe avuto il compito di controllare il territorio di confine coi Bizantini.  


Abbazia di Bobbio

 

Poi i monasteri di Berceto lungo la via di Monte Bardone43, di Tolla e Gravago nella montagna di Parma44 che avevano il duplice compito di diffondere la fede e di presidiare il territori, lungo vie importanti.


 

Rovine di Tolla




Figura 16  XI Carta di Varsi

In Val di Vara sorge ai primi dell’VIII secolo su di una precedente chiesa bizantina, l’abbazia di Brugnato, ma per opera di un gruppo di monaci bobbiesi forse dissidenti, a testimonianza della conquista rotariana (643/4) antecedente, ma a sicura dimostrazione della scelta “politica” longobarda, assente quindi in Lunigiana.


Abbazia di Brugnato


 Il riconoscimento più importante della presenza longobarda nelle valli del Taro/Ceno ci pare poi essere il ritrovamento di ben XI Carte notarili longobarde a Varsi, legate a transazioni socio economiche della pieve di San Pietro, tutte scritte in latino, ma con attori con nome longobardo; l’ultima segnala l’arrivo dei Franchi nel 77445.  La constatazione che nella capitale Pavia le Carte siano solamente sette e di cui ben sei legate alla campagna cittadina, ci può indicare la loro importanza.


Carta longobarda di Varsi


L’estensione della diocesi cattolica di Luni in alta Valtaro, centrale fra quelle ariane di Piacenza e Parma, pare l’esempio più significativo del protrarsi del dominio bizantino in Val di Magra. Al momento dell’unificazione, essendo ormai i Longobardi diventati cattolici, non sarebbero sorti problemi.

Conclusioni

La scarsa presenza di toponimi situati poi in zone di confine della Lunigiana quali il Passo del Brattello, o eccentriche quali Bardine; l’assenza di reperti materiali anche modesti, oltreché dei monasteri di cui ben tre nelle tre vie e valli che afferiscono alla Lunigiana, nonché l’estensione della diocesi di Luni in Valtaro, pur nella considerazione che il parlare di confini in termini attuali relativamente al medioevo sia cosa assai difficile, ci potrebbe far concludere che nelle zone da noi studiate e considerate l’Impero bizantino rimarrebbe presente ancora per un secolo dopo l’impresa di Rotari, seppur circondato dalle forze longobarde.

Paolo Diacono scrive nella Storia dei Longobardi che partendo da Luni occupano le città della costa, sino in Francia, ma non accenna alla Lunigiana. Potrebbe anche essere che in un secondo tempo dopo il 643, tentino di penetrarvi, ma siano fermati dalla strettoia e dalla fortificazione di Aulla; il che non escluderebbe commercio ed altri rapporti. Questo ancor oggi ci fa pensare ad accordi “politici” legati al periodo dell’Interregno, ancor prima di Autari, più che a fatti di natura militare. 

 


Claudio Azzara

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