Bizantini Longobardi e la Lunigiana- 11
Il sistema difensivo bizantino da lì
travalica il crinale e si porta verso Costerbosa, sulla sinistra del Cogena di fronte a Belforte, a controllo della vallata del Taro.
Costerbosa sarebbe legata a quel Baselica di cui si è detto, posta
immediatamente a lato e ricalcherebbe i confini dell’occupazione longobarda già
presente nel diploma di Pertarido,
destra Taro e Gotra.
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Ruderi del castello di Costerbosa |
Costerbosa starebbe a protezione del castrum di Roccamurata che presenta una
cinta muraria e tre torri e che fronteggia il castello di Petramugulana che con il Castrum
Nebbla di Solignano può costituire la punta estrema della prima
penetrazione longobarda, anche se non escludiamo una contemporanea
fortificazione dei Longobardi in
Belforte, laddove il Comune di Parma ai primi del XIII secolo edifica il
castello.
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Castrum di Roccamurata |
Sulla sinistra Taro di fronte a
Costerbosa avremmo Tiedoli, il Tillietum malaspiniano,
dove è un castello di cui si ignora la storia, fatto salvo il diploma di
Federico I ad Obizzo Malaspina del 1164.
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Castello di Tiedoli |
Sempre nella Valvona sinistra Taro non
distante da Tiedoli, ma in altro crinale, è la Turris di Borgotaro indagata dalla Petracco Sicardi e dal
Formentini che ritiene di identificare le Turres
dell’Anonimo ravennate con i quattro
castelli dei Platoni nella borgotarese Val Vona.
Pensiamo che questo toponimo cumulativo
possa invece indicare tutte o in parte quelle fortificazioni dianzi descritte e
poste dopo Monte Castello e che
terminano con la Turris valtarese; di
queste l’Anonimo Ravennate poteva
conoscerne solo la presenza.
La Turris
si collega forse con un altro sistema fortificato al di là del massiccio del
Barigazzo, Città d’Umbria, dimostrato
di origine ligure e diretto forse verso la pianura ed un altro che
continua dal castelliere di Nociveglia e che riprendendo quanto segnalato dall’Anonimo scende verso Moneglia,
collegandosi forse con Monte dei Greci
a monte di Varese Ligure e col castelliere di Zignago, il
primo complesso ad essere analizzato archeologicamente.
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Ruderi di Umbria |
Anche le vie che uniscono la Lunigiana
alla Valtaro potevano presentare una serie di fortificazioni del periodo
altomedievale; in particolare la citata Via
Regia che corre sul confine con Val di Vara.
Immediatamente a valle del Passo del Brattello, all’altezza della
via che porta al Borgallo troviamo la Cà
del Guelfo.
Il termine guelfo rimanda
alle lotte interne fra i Pontremolesi o piuttosto alla matrice da sempre guelfa
del Comune valtarese? La Banti lo nomina Castel
del Guelfo, includendolo
nell’elenco di luoghi ove erano stati trovati reperti romani. Perduta l’antica
funzione sarebbe poi diventato una semplice Cà (da locus).
Riteniamo però avesse una sua funzione difensiva alla fine del IX
sec a seguito delle invasioni degli Ungari, (vedi la diffusa presenza in zona
del culto di San Geminiano) confusi con i Saraceni,
stante i numerosi toponimi legati ai “Sarasin”
in quella zona quali “teca dei Sarasin,
fosso dei Sarasin”, ecc. La Petracco
Siccardi ha individuato a Lacore di Varsi un “casale” diventato “castellum”
nel 904, a seguito proprio dell’arrivo degli Ungari.
All’altro capo della via, a valle del Borgallo, è presente il
toponimo Castel di Margrai , ovvero
dei marchesi (da mark: confine e graf: conte).
Attualmente il toponimo non è più riscontrabile nelle carte
geografiche; si trova invece “la Lobbia”, termine dialettale per frana (lubia), tra l’altro ripetuto appena più
a valle come “Lubbia”. Potrebbe essersi ripetuto quanto accaduto al castello di
Muceto (Filattiera), sostituito dopo
la demolizione del castello, dal toponimo Macerie.
Viene citato anche un castrum
Burgalii, senza peraltro fornirne una allocazione. Riteniamo probabile si
tratti dello stesso fortilizio, non essendo pensabile a due realtà militari
nello stesso luogo; d’altronde ci sembra pacifico che a guardia del valico,
certamente più importante militarmente del Brattello e di un “Hospitale”, di cui il Capitano Boccia
ravvisava ancora tracce nel 1804/5 vi sia un opera difensiva.
Più a valle, sopra l’abitato della Cervara, troviamo il toponimo Castello, frequente sull’Appennino, ma
comunque indicante una posizione fortificata. Considerando la presenza già
citata di uno xenodochio e
l’importanza della Cervara, almeno secondo quanto appare dalle carte
geografiche citate, possiamo pensare anche ad un castrum
o ad un opera difensiva di una certa
importanza.
Sul Brattello, alla stessa altezza, viene citato il Castelliere dei Cerri, segnalato per la
prima volta da Aldo Mazza nel 1951 sulla Gazzetta di Parma. Questi ne ricorda i
resti presso l’abitato di Bratto, senza peraltro fornirne ulteriori
indicazioni.
La notizia viene ripresa dal Corradi Cervi, che lo indica come
punto di partenza di una serie di castellari
liguri, che si estendevano sui crinali appenninici a Solignano, Prelerna, Passo
Santa Donna, Monte Lama e collegati a vista, sulle sommità, da punti di
segnalazione. Sarebbero stati edificati in funzione antiromana e quindi rivolti
verso il mare.
Potrebbe essere stata un ipotesi azzardata che presupporrebbe un
coordinamento militare e sociale fra le varie tribù liguri di cui abbiamo
trattato, francamente difficile da pensare. Ricordiamo infatti che il Giuliani
parla di piccole tribù in quelle zone e che i soli momenti di incontri
collettivi erano quelli nei conciliabola
(ubi ad concilium convenitur).
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La Valle del Verde |
Riteniamo pur senza alcuna prova, possa trattarsi più di un
presidio bizantino antilongobardo. In
località Braia viene segnalato il toponimo un Castello, appena a valle del piccolo centro. Potrebbe trattarsi di
un opera difensiva legata al Castrum
Grondolae, ovvero di una torre o di una casa torre (caminata). Non avendone notizie, neanche nelle trattazioni del
Giuliani, possiamo solo auspicare un indagine archeologica.
Un’ultima fortificazione, prima di Pontremoli, è segnalata dal
Giuliani nella valle del Verde.
A monte della Pieve di
Vignola si trova il castrum Belvedere,
situato a Bassone sul colle della Bardera, fra i torrenti Picalla e Betinia.
Probabilmente è uno dei tanti “castrum
cum curia“ sorti nel X secolo, forse su preesistenti insediamenti difensivi
e nel 1164 quando i Malaspina occupano la Valtaro viene infeudato da Federico I
ad Obizzo Malaspina.
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Torre di Grondola |
I Bizantini si difenderebbero anche lungo una direttrice che
comprende la Val di Vara, con Zignago o Griniacula,
posto lungo una via che conduce dal mare a Parma e Piacenza e dove le ricerche
dell’ISCuM hanno evidenziato una
postazione militare bizantina, là dove è
un insediamento preesistente. Poi forse Monte
dei Greci, sino a Moneglia, là dove rimangono bona pubblici, che con Carlo Magno passeranno poi nei beni
dell’abbazia di Bobbio.
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Castellieri |
Nelle
alte valli del Taro e del Ceno la serie delle turres potrebbe comprendere anche quei castellieri già trattati come
Nociveglia, Monte dei Greci o come Ombria, Frescumbria, Bardi, Monte Pietra
Nera, verso la Padania, che come detto dianzi, il Dall’Aglio identifica con “una rete di fortificazioni che in una prima
fase devono essere appartenute ai Bizantini e che poi, una volta che i
Longobardi ebbero occupato tutto questo settore, devono essere diventate
fortezze longobarde in funzione antibizantina” .
Tali
fortificazioni, sempre secondo Dall’Aglio collegate a vista, inizialmente
dovevano servire a proteggere la costa ligure e poi, passate ai Longobardi,
impedire incursioni contro i loro possessi nella pianura padana.