venerdì 27 agosto 2021

 Bizantini Longobardi e la Lunigiana - 13

Elementi di Toponomastica39

Abbiamo detto di Baselica, da baselichè ghè o baseliche odòs, ovvero terre del demanio imperiale o vie dell’Impero; una prima località è vicina a Pontolo di Borgotaro, là dove erano sino a pochi anni fa i confini della diocesi lunense e l’altra nella valle del Verde di Pontremoli, citata dal Giuliani. Lì si riconosce anche la “Macchia di Baselica”, quindi fiscale, laddove altre macchie esistono con riportato il cognome della famiglia proprietaria e quel Baselga/Costa del Bando che il Formentini segnala nel suo lavoro su Monte Castello, dove Bandon indica un corpo militare bizantino di circa 200/400 uomini.


Pontolo di Borgotaro


                                                                                                                Monte Castello


Monte Castello



Tali terre potrebbero essere rimaste proprietà del demanio Imperiale proprio per una continuità amministrativa, anche dopo la caduta dell’Impero d’Occidente.

Altre Baselica come detto, le ritroviamo a Costa Romana lungo la via che da Piazza al Serchio porta al passo di Pradarena e anche vicino a Gorfigliano di Minucciano. Anche nel golfo di la Spezia troviamo un baselga.

Segnalata anche Baselica a Corvarola di Bagnone che intendiamo come strada pubblica, in quanto non sono mai evidenziati ritrovamenti anche storici di fortificazioni. Tra l’altro la via era una delle tre che collegavano quella di Linari con quella per Bagnone, Treschietto e il crinale.

Torre di Corvarola


Orbene c’è da domandarsi quando si siano fissati tali toponimi, alcuni certamente di ascendenza greca, ovvero come in una zona dove probabilmente dopo la guerra greco gotica la presenza bizantina era sicuramente minoritaria e le truppe di confine, stanziali, si pensa fossero composte in maggioranza da “barbari” goti rimasti come mercenari dell’Impero, tali voci abbiano avuto il tempo per fissarsi nel “dire” locale.

Potremmo sia pensare che la presenza “greca” si sia manifestata subito o addirittura innanzi alla caduta dell’Impero d’occidente o piuttosto come ritengo sia più probabile che la conquista longobarda della Lunigiana non sia avvenuta ai tempi di Autari o Agilulfo e nemmeno con Rotari, ma come anticipato e come suggerisce il Formentini, intorno al 743 quando Liutprando conquista Ravenna. 

Luana Lavia, che pare anticipare di 100 anni la conquista della Lunigiana, segue lo stesso pensiero, legato a Ravenna: Sarebbe dunque possibile che la conquista della Liguria fosse derivata dall’arresto della spinta longobarda verso Ravenna in conseguenza della battaglia della Scultenna, come manovra alternativa. In Italia, proprio nel 639-640 caddero in mano lonogbarda Oderzo ed Altino e la campagna emiliana attuata da Rotari pose stretta pressione le ridotte potenzialità dell’esercito bizantino guidato da Isacio” 40.

domenica 22 agosto 2021

 

Bizantini Longobardi e la Lunigiana- 12

                         

Di lato a Zignago e alla Val di Vara troviamo la valle del Verde oggi scarsamente popolata, ma un tempo importante. Si estende dal passo del Borgallo sino a Pontremoli, di lato a quella dell’affluente Verdesina. 

E’ solcata da due vie, la già ricordata via Regia o Salaria che scende dalla Foce dei Tre Confini, utilizzata dai pastori lunigianesi come documentato dalla TAV e nel 1167 da Federico I, nonchè quella che sale sin dal tempo dei Liguri da Fornovo sul Monte Barigazzo, dirigendosi poi verso il mare. 

Le vie


Tale via faceva parte della Placentiam Lucam e fu oggetto poi di importanti studi da parte del Giuliani, del Mariotti e della Banti36

Questa via antichissima, che consentiva al Kàston Soreòn di potere soccorrere in caso di attacco la Valtaro e che potrebbe essere stata tenuta in gran conto dai Bizantini per la sua funzione di raccordo con la pianura, presenta una serie di toponimi non indagati che possono richiamare momenti difensivi bizantini lungo tale via: Arzelato, Baselica, Macchia di Baselica, Capanne del re, Cascine del monarca, Castel di margrai, Pradonnico, Stra, Mulpe, forse una antica circoscrizione religiosa o amministrativa, Montereggio dove la chiesa come nella vicina Calice di Bedonia, è intitolata a sant’Apollinare, santo venerato dai Bizantini.

Sant'Apollinare a Calice
Sant'Apollinare a Montereggio



 

L’Anonimo cita anche Pullion, dove provenendo da Luni per San Terenzio al Bardine passavano tre itinerari importanti verso la Garfagnana attraverso Viano e Ceserano, richiamando l’itinerarium Antonini. 


Da Lucca, poi i Longobardi scenderebbero sino al castello Aghinolfi di Montignoso, citato nel 756, ma probabilmente prima una fortificazione bizantina come evidenziato dal Conti nella Descriptio, seppur con nome diverso da quello proposto dallo studioso.


Castrum Aghinolfi


L’ipotesi del Formentini di riconoscerlo in Nicola apparirebbe infondata perché come scrive il Conti “Mikayrìa non era una civitas perché troppo vicina a Luni che certamente la era, anzi la zona in cui sarebbe sorta Mikayrìa era compresa, come sembra, nei bona publica suburbana della civitas di Luni”37.


Nicola


Nicola comunque non era un castrum, ma forse solo un castello, quindi senza propri fines e che in seguito non sarà più nominato. Il castrum come detto aveva invece altre fortificazioni sparse a controllo del territorio. Infine Nicola è a due passi da Luni, ben munita di mura e con un proprio territorio, come ricordato, i fines lunenses.

Formentini ipotizza che la zona a monte di Aulla sino al Taro sia conquistata ai tempi di Liutprando in quanto l’esercito bizantino sarebbe occupato nella difesa di Ravenna, conquistata nel 740 da Ildebrando, nel 743 dal re stesso e nel 750 da Astolfo38; le navi greche non sarebbero più in grado di rifornire la zona lunigianese. Tuttavia tale ampio lasso di tempo permetterebbe la fissazione di una serie ampia di toponimi greci che esamineremo e che sono assenti nell’alta Valtaro.

L’invasione potrebbe essere avvenuta sia dall’alta val di Taro transitando dal Brattello, o da Lucca e dal castrum Aghinolfi. Riteniamo però che non possa essersi trattato di un fatto puramente militare, ma piuttosto di un accordo “diplomatico”. 

 


venerdì 20 agosto 2021

 Bizantini Longobardi e la Lunigiana- 11

Il sistema difensivo bizantino da lì travalica il crinale e si porta verso Costerbosa, sulla sinistra del Cogena di fronte a Belforte, a controllo della vallata del Taro. Costerbosa sarebbe legata a quel Baselica di cui si è detto, posta immediatamente a lato e ricalcherebbe i confini dell’occupazione longobarda già presente nel diploma di Pertarido, destra Taro e Gotra.

Ruderi del castello di Costerbosa


Costerbosa starebbe a protezione del castrum di Roccamurata che presenta una cinta muraria e tre torri e che fronteggia il castello di Petramugulana che con il Castrum Nebbla di Solignano può costituire la punta estrema della prima penetrazione longobarda, anche se non escludiamo una contemporanea fortificazione dei Longobardi in Belforte, laddove il Comune di Parma ai primi del XIII secolo edifica il castello.


Castrum di Roccamurata

Sulla sinistra Taro di fronte a Costerbosa avremmo Tiedoli, il Tillietum malaspiniano, dove è un castello di cui si ignora la storia, fatto salvo il diploma di Federico I ad Obizzo Malaspina del 1164.


Castello di Tiedoli


Sempre nella Valvona sinistra Taro non distante da Tiedoli, ma in altro crinale, è la Turris di Borgotaro indagata dalla Petracco Sicardi e dal Formentini che ritiene di identificare le Turres dell’Anonimo ravennate con i quattro castelli dei Platoni nella borgotarese Val Vona.

Pensiamo che questo toponimo cumulativo possa invece indicare tutte o in parte quelle fortificazioni dianzi descritte e poste dopo Monte Castello e che terminano con la Turris valtarese; di queste l’Anonimo Ravennate poteva conoscerne solo la presenza.

La Turris si collega forse con un altro sistema fortificato al di là del massiccio del Barigazzo, Città d’Umbria, dimostrato di origine ligure e diretto forse verso la pianura ed un altro che continua dal castelliere di Nociveglia e che riprendendo quanto segnalato dall’Anonimo scende verso Moneglia, collegandosi forse con Monte dei Greci a monte di Varese Ligure e col castelliere di Zignago, il primo complesso ad essere analizzato archeologicamente.






Ruderi di Umbria

Anche le vie che uniscono la Lunigiana alla Valtaro potevano presentare una serie di fortificazioni del periodo altomedievale; in particolare la citata Via Regia che corre sul confine con Val di Vara.

Immediatamente a valle del Passo del Brattello, all’altezza della via che porta al Borgallo troviamo la Cà del Guelfo.

Il termine guelfo rimanda alle lotte interne fra i Pontremolesi o piuttosto alla matrice da sempre guelfa del Comune valtarese? La Banti lo nomina Castel del Guelfo, includendolo nell’elenco di luoghi ove erano stati trovati reperti romani. Perduta l’antica funzione sarebbe poi diventato una semplice Cà (da locus).

Riteniamo però avesse una sua funzione difensiva alla fine del IX sec a seguito delle invasioni degli Ungari, (vedi la diffusa presenza in zona del culto di San Geminiano) confusi con i Saraceni, stante i numerosi toponimi legati ai “Sarasin” in quella zona quali “teca dei Sarasin, fosso dei Sarasin”, ecc. La Petracco Siccardi ha individuato a Lacore di Varsi un “casale” diventato “castellum” nel 904, a seguito proprio dell’arrivo degli Ungari.

All’altro capo della via, a valle del Borgallo, è presente il toponimo Castel di Margrai , ovvero dei marchesi (da mark: confine e graf: conte).

Attualmente il toponimo non è più riscontrabile nelle carte geografiche; si trova invece “la Lobbia”, termine dialettale per frana (lubia), tra l’altro ripetuto appena più a valle come “Lubbia”. Potrebbe essersi ripetuto quanto accaduto al castello di Muceto (Filattiera), sostituito dopo la demolizione del castello, dal toponimo Macerie.

Viene citato anche un castrum Burgalii, senza peraltro fornirne una allocazione. Riteniamo probabile si tratti dello stesso fortilizio, non essendo pensabile a due realtà militari nello stesso luogo; d’altronde ci sembra pacifico che a guardia del valico, certamente più importante militarmente del Brattello e di un “Hospitale”, di cui il Capitano Boccia ravvisava ancora tracce nel 1804/5 vi sia un opera difensiva.

Più a valle, sopra l’abitato della Cervara, troviamo il toponimo Castello, frequente sull’Appennino, ma comunque indicante una posizione fortificata. Considerando la presenza già citata di uno xenodochio e l’importanza della Cervara, almeno secondo quanto appare dalle carte geografiche citate, possiamo pensare anche ad un  castrum  o ad un opera difensiva di una certa importanza.

Sul Brattello, alla stessa altezza, viene citato  il  Castelliere dei Cerri, segnalato per la prima volta da Aldo Mazza nel 1951 sulla Gazzetta di Parma. Questi ne ricorda i resti presso l’abitato di Bratto, senza peraltro fornirne ulteriori indicazioni.

La notizia viene ripresa dal Corradi Cervi, che lo indica come punto di partenza di una serie di castellari liguri, che si estendevano sui crinali appenninici a Solignano, Prelerna, Passo Santa Donna, Monte Lama e collegati a vista, sulle sommità, da punti di segnalazione. Sarebbero stati edificati in funzione antiromana e quindi rivolti verso il mare.

Potrebbe essere stata un ipotesi azzardata che presupporrebbe un coordinamento militare e sociale fra le varie tribù liguri di cui abbiamo trattato, francamente difficile da pensare. Ricordiamo infatti che il Giuliani parla di piccole tribù in quelle zone e che i soli momenti di incontri collettivi erano quelli nei conciliabola (ubi ad concilium convenitur).


La Valle del Verde


Riteniamo pur senza alcuna prova, possa trattarsi più di un presidio bizantino antilongobardo. In località Braia viene segnalato il toponimo un Castello, appena a valle del piccolo centro. Potrebbe trattarsi di un opera difensiva legata al Castrum Grondolae, ovvero di una torre o di una casa torre (caminata). Non avendone notizie, neanche nelle trattazioni del Giuliani, possiamo solo auspicare un indagine archeologica.

Un’ultima fortificazione, prima di Pontremoli, è segnalata dal Giuliani nella valle del Verde.                   

 A monte della Pieve di Vignola si trova il castrum Belvedere, situato a Bassone sul colle della Bardera, fra i torrenti Picalla e Betinia. Probabilmente è uno dei tanti “castrum cum curia“ sorti nel X secolo, forse su preesistenti insediamenti difensivi e nel 1164 quando i Malaspina occupano la Valtaro viene infeudato da Federico I ad Obizzo Malaspina.


Torre di Grondola

I Bizantini si difenderebbero anche lungo una direttrice che comprende la Val di Vara, con Zignago o Griniacula, posto lungo una via che conduce dal mare a Parma e Piacenza e dove le ricerche dell’ISCuM hanno evidenziato una postazione militare bizantina, là dove  è un insediamento preesistente. Poi forse Monte dei Greci, sino a Moneglia, là dove rimangono bona pubblici, che con Carlo Magno passeranno poi nei beni dell’abbazia di Bobbio.




Castellieri
Nelle alte valli del Taro e del Ceno la serie delle turres potrebbe comprendere anche quei castellieri già trattati come Nociveglia, Monte dei Greci o come Ombria, Frescumbria, Bardi, Monte Pietra Nera, verso la Padania, che come detto dianzi, il Dall’Aglio identifica con “una rete di fortificazioni che in una prima fase devono essere appartenute ai Bizantini e che poi, una volta che i Longobardi ebbero occupato tutto questo settore, devono essere diventate fortezze longobarde in funzione antibizantina” .

Tali fortificazioni, sempre secondo Dall’Aglio collegate a vista, inizialmente dovevano servire a proteggere la costa ligure e poi, passate ai Longobardi, impedire incursioni contro i loro possessi nella pianura padana.


giovedì 19 agosto 2021

 Bizantini Longobardi e la Lunigiana- 10

Salendo, dopo l’attuale Pontremoli, peraltro citata per la prima volta nel 990 nel viaggio di ritorno di Sigeric e dove possiamo solo ipotizzare che a Monte Carnevale vi fosse una fortificazione assimilabile a Monte Castello, ci sembra importante valutare a monte di Mignegno quel toponimo Monte Castro, citato anche nelle carte del catasto Leopoldino e che riconosce due località, Monte Castro e Fossola, forse un’opera difensiva a protezione del castrum che notoriamente era composto di varie opere di difesa. Una voce girataci da uno dei proprietari racconta che lì dove passava la vecchia via, vi era una stazione di posta per il cambio cavalli. Per di più, a lato dello stesso, al confine con la via del Brattello forse un altro castrum, Belcastro.

 


Monte Castro

La serie di fortificazioni di contro crinale inizierebbe dopo Bibola, salendo verso la Valtaro e sempre nella zona alle dipendenze del Kàstron Soreòn.                  

Viene citato il sito di Torre Nocciolo dove sono i resti di  una torre con tre fossati ricondotta al periodo bizantino, anche se “accurate ricerche di superficie” vorrebbero ricondurla al XIII/XIV secolo; di questo mancano in assoluto conferme storiche.

Torre Nocciolo

Vicino a questa è Comano, ipotizzato già conciliabolum ligure forse legato al castellaro ricordato dal Formentini e pago romano, dove poi potrebbe essere sorto il complesso altomedievale ed in seguito, nel secondo incastellamento, la fortificazione dei Malaspina.

E’ stata proprio la funzione di controllo sulle vie del reggiano suggeritaci dal mastio attuale a permetterci di ipotizzare tale presenza.

 

Comano

 Da Comano si poteva controllare il castellaro di  S.Antonio fra Bagnone ed Apella, anche questo con tre fossati ed altre opere, che si collega a Iera e Treschietto, posti a guardia delle vie per l’alto parmense e reggiano e di cui scrive il Formentini: “.…Dalla maggiore eminenza dell’acropoli, l'occhio sfiora la vetta del m. S. Antonio (metri 956) tra la valle del Bagnone e quella del Taverone. Una depressione del Monte Bosta permette questo tragitto visivo di oltre 12 chilometri in linea d'aria; e la torre del castello segna un punto preciso e pressochè unico di questa veduta. M. S. Antonio, visitato successivamente dal Ferrari e da me, non ha dato segni apprezzabili d'antichi fortilizi, ma la vetta serba il nomeCastellaro e uno dei nomi comprensivi del massiccio è quello diMonti della Guardia”. Il m.S. Antonio vigila direttamente le discese dell'alta catena dell'Appennino fra il Sillara e il Bocco e il grande valico di Linari. La stessa vetta comunica, a breve distanza, col m. Torre Nocciolo (m. 944) fra il Taverone e il Rosaro. Questa punta conserva tracce notevolissime, che già furono da, me erroneamente apprezzate come tracce preistoriche. Nuove e ripetute salite ed uno scavo superficiale, fatto a mie mani, mi hanno rivelato la presenza di antiche opere murarie. Questi avanzi non possono essere che quelli di una torre di segnalazione. Constano della base d'una torre circolare, circondata, in breve giro d'un triplice vallo a trincea, ancora assai profondo; un altro sistema di trincee meno definibili, in parte colmate, rafforza il lato meno ripido della vetta, verso Nord”.

 

Castello Malaspina di Treschietto

Castello Malaspina di Iera

Castellaro di Sant'Antonio

Treschietto potrebbe essere collegato con il sito più conosciuto, Monte Castello, segnalato da don Simone de Briganti nel XIX secolo e ripreso nel secolo scorso dal Ferrari e dal Formentini, poi indagato recentemente dall’ISCUM di Genova. Certamente una costruzione non improvvisata, forse gota, a cui nel tempo abbiamo attribuito la reale possibilità fosse il vero Kastron Soreon o una componente di esso, ma ci conforta sempre la possibilità che potesse essere quel Cornilia dell’Anonimo che il Formentini riporta alla vicina Corniglio parmense e di cui però non abbiamo evidenze storico-archeologiche. Manfredo Giuliani poi indica la possibilità che sia quel castrum citato negli Statuti di Parma nel XIII e XIV secolo, a cui fanno contorno una serie di fortificazioni medievali come Muceto, Castrum Arzengi, Serravalle e Rocca Sigillina.

 

Monte Castello

Torre di Monte Castello

Mura di Monte Castello

 Monte Castello potrebbe essere collegato a vista con una fortificazione della Valdantena da una turris posta in Logarghena, il medievale mons Ogarga, che guarda i due lati opposti delle vallate di Caprio e Pracchiola.  Al riguardo ci hanno segnalato a monte dell’oratorio Sant’Antonio, i ruderi quasi rasati di una possibile fortificazione in località detta “ara di guerra”.

In Valdantena troviamo poi la segnalazione di alcune fortificazioni di cui non esistono studi archeologici, Pracchiola, Previdè e Gravagna, peraltro poste lungo vie di commercio e di guerra fra il Parmense e la Lunigiana.



La Rocchetta di Pracchiola (da Magnotta)


Previdè di cui esistono ancora i ruderi di una torre, potrebbe essere il collegamento visivo con Gravagna/Montale di cui trattano brevemente il Giuliani ed altri.

Ruderi di torre di Previdè


Il castello di Gravagna è segnalato su di un’altura e i resti vengono distrutti dal passaggio del metanodotto. 

Sul dosso spianato era il castello di Gravagna


Gravagna forse è collegata con Monte Zucchello o Bastia la cui “sommità è contraddistinta dalla presenza di due cime poste a una distanza di circa 120 m. una dall’altra. Quella posta più a settentrione ha un’ altezza di circa 1.206 m, mentre quella  posta più a sud ha un altezza di 1197 . E’ su questa cima che si trovano alcune tracce murarie riconducibili ad una fortificazione di età medievale, Monte Zucchello, detto anche monte Bastia”.

A sua volta la Bastia può collegarsi con il Monte Castro, già citato.

 

Monte Zucchello

 Pontremoli e il Registrum Magnum del Comune di Piacenza Di poi il 6/11/1194 abbiamo i Capitoli della pace tra il marchese Moroello Malaspin...